Cade ogni 5 Maggio la Giornata Internazionale dell’Ostetrica, una celebrazione istituita nel 1987 e voluta dalla International Confederation of Midwives. Questa manifestazione è accompagnata di anno in anno da uno slogan diverso che ne identifica la tematica prescelta. Per il 2023 è stato scelto come leitmotiv: “Finalmente insieme: le cure ostetriche dalle evidenze alla realtà” per celebrare la piena ripresa degli incontri in presenza a seguito di anni di blocchi e restrizioni.
La professione dell’ostetrica è probabilmente una delle più antiche al mondo e nasce come sapere femminile trasmesso ed arricchito da una generazione all’altra. Questo ruolo, un tempo riservato alle sole donne, chiamate levatrici o mammane perché in grado di «levare» il neonato dal corpo della madre, può fare la differenza durante la gestazione ed il momento del parto. L’assistenza ostetrica è fondamentale per prendersi cura ed eventualmente salvare milioni di vite ogni anno, riducendo notevolmente il rischio di morti materne e morti neonatali. L’ostetrica, a partire dalla prospettiva clinica (midwifery cure), nel rispetto dell’etica professionale, gestisce l’intervento assistenziale di propria competenza come membro dell’équipe sanitaria: dalla preparazione e all’assistenza ad interventi ginecologici fino alla prevenzione e all’accertamento dei tumori della sfera genitale femminile. Dal punto di vista del supporto (midwifery care) al fine di assecondare al meglio la fisiologia della gravidanza e la preparazione psicoprofilattica al parto, l’ostetrica favorisce il naturale andamento degli eventi, educando a mantenere lo stato di salute della donna, della coppia, del bambino e della famiglia. L’ostetrica possiede anche competenze informative (midwifery educator) e partecipa ad interventi di educazione sanitaria e sessuale sia nell’ambito della famiglia che nella comunità e contribuendo anche alla formazione del personale di supporto. Il mondo ha sempre bisogno di ostetriche, si stima che ad oggi ci sia una grave carenza di queste figure professionali sia negli ospedali che nelle strutture preposte. Anche per questo motivo è cruciale condurre maggiori investimenti nella formazione, nella fornitura di servizi guidati da questi professionisti, troppo spesso sottostimati nel loro ruolo, sia per esprimere a pieno il loro potenziale che per contribuire a una migliore salute, all’uguaglianza di genere ed allo sviluppo economico. Noi di NATIVA celebriamo queste persone con cui siamo spesso a contatto e partecipiamo proattivamente a convegni e congressi dedicati, attivandoci per proporre servizi di screening per conoscere lo stato di salute del feto e per fare prevenzione sul neonato, garantendo i maggiori livelli di standardizzazione e qualità.Il ferro è un metallo indispensabile al nostro organismo. Ha la funzione di permettere il trasporto dell’ossigeno da parte dei globuli rossi. Se i livelli di ferro nel sangue risultano troppo bassi, allora si manifestano sintomi come stanchezza, sbalzi d’umore e anemia.
Nel corso della gravidanza la mancanza di ferro potrebbe rivelarsi un problema molto importante perché durante tutta la gestazione la futura mamma necessita di quantità maggiori di questa sostanza per sopperire oltre che al proprio febbisognoi anche a quello del feto. Infatti, nel nascituro il ferro serve per formare i globuli rossi e quindi per un corretto sviluppo di tutti i suoi organi vitali. Il metallo passa dalla madre al piccolo attraverso la placenta.
In caso di carenza di ferro, è la made che per prima mostra segni di sofferenza perché la quantità che ha a disposizione viene interamente assorbita dal feto. In seguito, se la carenza persiste, si potrebbero manifestare effetti anche nel bambino, che potrebbe avere uno sviluppo ritardato per l’insufficienza dell’ossigeno all’interno dei globuli rossi. Questo potrebbe portare a parti prematuri, aborti e sottopeso alla nascita.
Uno studio svolto presso tre Università canadesi e precisamente la Hamilton, la McMaster e quella di Toronto ha affrontato un’altra importantissima causa della mancanza di ferro mettendo in evidenza il legame fra la carenza di ferro e la depressione durante i nove mesi di gravidanza. Il lavoro è stato pubblicato sul Journal of Obstetrics and Gynaecology e i risultati hanno fatto emergere che nelle donne in stato interessante che soffrono di carenza di ferro la possibilità di cadere in depressione sembrerebbe addirittura quasi triplicare.
È da tempo che la depressione è stata associata alla mancanza di ferro, ma solo in riferimento alla popolazione in generale, gli studiosi non si sono mai spinti in indagini rivolte alle donne durante la gravidanza, nonostante spesso si riscontri in loro la carenza di questo metallo. È stato calcolato che una futura mamma su 4 soffra di mancanza di ferro, dato che corrisponde al 22% delle donne in gravidanza.
I ricercatori hanno selezionato un campione di 142 gestanti e misurato la quantità di ferro presente nel loro sangue. Inoltre, sulla base delle risposte a questionari appositi hanno valutato l’eventuale presenza di disturbi depressivi. Dai risultati ottenuti è emerso che le donne in dolce attesa con carenza di ferro hanno un rischio quasi triplo, di 2,5 volte maggior, di soffrire di depressione durante i nove mesi di gravidanza rispetto alle gestanti che non sono risultate carenti del metallo.