La villocentesi o prelievo dei villi coriali (CVS), ad esempio, è un test diagnostico prenatale per l’identificazione di anomalie cromosomiche ed altre malattie genetiche ereditarie. Consiste nell’asportazione di una piccola quantità di tessuto coriale dalla placenta, tale da riprodurre un’immagine dei cromosomi del feto.
Il test è, come già detto, abbastanza invasivo e può comportare dei rischi sia per la madre sia per il feto. La villocentesi può essere effettuata presto, tra la 10° e la 13° settimana di gravidanza.
Il test è consigliato quando:
- uno dei genitori ha una storia medica familiare che rivela potenziali rischi di malattie cromosomiche;
- la mamma ha una età superiore a 35 anni;
- si sono avuti risultati positivi dei test di screening;
- si ha una Nuchal Translucency (NT) elevata;
- si sono individuate malformazioni fetali rilevate all’ecografia;
- si ha una pregressa aneuplodia fetale.
Che cosa può rilevare una villocentesi?
Questo tipo di esame è in grado di diagnosticare:
- anomalie cromosomiche (sindrome di Down)
- anomalie cromosomiche sessuali (sindrome di Turner)
- disturbi genetici
- fibrosi cistica
- anemia
- anemia falciforme
Il test ha sì un altissimo livello di accuratezza nel diagnosticare queste condizioni (98-99%), ma non è in grado di misurare la gravità di tali disturbi. La villocentesi, inoltre, può stabilire con una certezza del 99% la paternità del feto.
Villocentesi: ecco cosa aspettarsi
Lo scopo della procedura di questo esame è quello di ottenere un piccolo campione di tessuto dalla placenta, da inviare poi al laboratorio per le analisi. Esistono due procedure di prelievo per raccogliere i campioni da esaminare:
- transvaginale:un sottile catetere a ultrasuoni passa attraverso il collo dell’utero fino alla placenta; le cellule dei villi coriali vengono quindi aspirate nel catetere.
- transaddominale: un lungo e sottile ago ecografico viene inserito nella placenta attraverso l’addome, assorbe un campione di tessuto e viene poi rimosso.
Le procedure possono provocare un po’ di fastidio o dolore, ma sono comunque di breve durata. In entrambi i casi il sacco amniotico in cui il feto sta crescendo non viene toccato.
Dopo il test, il medico monitora la frequenza cardiaca del feto per appurare che sia tutto nella norma. È importante, inoltre, che la madre eviti rapporti sessuali e attività faticose per circa una settimana. La villocentesi raccoglie campioni più grandi e fornisce risultati più rapidi rispetto all’amniocentesi. I risultati vengono ricevuti al massimo entro sette giorni dal test.
Esiste l’1% di possibilità di avere risultati falsi positivi (il test indica che il feto ha un’anomalia, quando in realtà non è così).
Villocentesi e rischi
La villocentesi può comportare alcuni rischi, tra cui:
- aborto spontaneo:il rischio è basso (circa l’1%), ma potrebbe aumentare se il feto è più piccolo del normale rispetto all’età gestazionale;
- contaminazione del sangue:alcune cellule del sangue del feto possono venire a contatto con cellule sanguigne materne; ciò comporta una contaminazione che può provocare la produzione di anticorpi Rh che attraverso la placenta danneggiano i globuli rossi del feto;
- infezioni:raramente può innescarsi un’infezione uterina;
- anomalo sanguinamento vaginale;
- crampi e dolori addominali;
- perdita di liquido amniotico;
- febbre.
Prima di sottoporsi all’esame, è importante discutere con il proprio medico a proposito dei rischi e dei benefici che il test comporta.