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Che cosa significa una gravidanza gemellare per la madre?

Ecco cosa comporta (o dovrebbe comportare) una gravidanza multipla per una madre:
  • controlli medici più frequenti
  • maggiore importo di determinate sostanze nutritive(acido folico, calcio, ferro, proteine)
  • aumento notevole del peso
  • maggiori precauzioni e limitare alcune attività(lavoro, viaggi, sport)
Per la madre esistono, purtroppo, anche delle complicazioni legate a una gravidanza multipla, come:
  • alta pressione sanguigna
  • anemia
  • ipertensione
  • nascita prematura dei feti
  • parto indotto tramite taglio cesareo
  • problemi di trasfusione del sangue tra i due gemelli
Per gestire due o più gemelli, inoltre, potrebbero essere necessari maggiore riposo e più sostegno rispetto a quanto immaginato, soprattutto se i bambini sono nati prematuramente. È importante non aver timore a chiedere aiuto e affidarsi a persone vicine, magari anche più esperte.

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Quali sono i cibi consigliati durante la gravidanza?

In linea di massima (fermo restando che ciascuna donna dovrebbe poi avere un’alimentazione fortemente personalizzata) durante la gravidanza è fondamentale consumare cibi poco elaborati (per rendere la digestione più facile e fare in modo che ci sia un’adeguata ossigenazione del feto: Bisogna infatti considerare che quando si consumano pasti elaborati, l’apparato digerente è sottoposto ad un surplus di lavoro che necessita di una maggior quota di sangue a livello gastrico e intestinale; questo sangue viene “sequestrato” da altri distretti, incluso quello placentare) + alimenti ricchi di fibre (fondamentali per favorire un normale transito intestinale, che, in gravidanza, può essere più difficoltoso a causa della compressione meccanica data dalla crescita del feto) + abbondante acqua (perché l’idratazione è alla base di un normale funzionamento metabolico e perché si permette una maggior pulizia delle vie urinarie) + cibi ricchi di antiossidanti (in quanto le reazioni biochimiche in una donna in gravidanza aumentano e quindi si formano maggiori radicali liberi, che vanno poi neutralizzati con adeguati antiossidanti)

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Amniocentesi

Un altro esame diagnostico considerato invasivo è l’amniocentesi.

L’amniocentesi è, infatti, un test prenatale in cui una piccola quantità di liquido amniotico viene rimossa dalla membrana che circonda il feto per verificare eventuali disturbi genetici del futuro bambino. Durante la gravidanza il feto è circondato dal liquido amniotico, una sostanza simile all’acqua che contiene cellule fetali e altre sostanze che forniscono informazioni importanti sulla salute del feto.

La procedura di solito è prevista tra la 15° e la 18° settimana della gravidanza.

Che cosa può rilevare una amniocentesi?

Questo tipo di esame è in grado di diagnosticare:

  • sindrome di Down
  • anemia falciforme
  • fibrosi cistica
  • distrofia muscolare
  • difetti del tubo neurale (cervello e colonna vertebrale non si sviluppano correttamente)
  • il sesso del feto

L’amniocentesi presenta piccoli rischi sia per la madre sia per il feto, il test prenatale è generalmente consigliato solo a donne che hanno un significativo rischio di malattie genetiche.

La precisione dell’amniocentesi è di circa il 99,4%.

Amniocentesi: ecco cosa aspettarsi

Sotto la guida ecografica, un ago sottile è inserito nell’utero attraverso l’addome e raggiunge il sacco amniotico, dove viene rimosso un piccolo campione di liquido amniotico.

Il fluido viene quindi inviato a un laboratorio per le analisi.

Dopo un’amniocentesi, si consiglia di evitare attività faticose e rapporti sessuali almeno per un giorno. Poi è possibile riprendere tutte le normali attività quotidiane. I risultati dell’amniocentesi sono generalmente disponibili entro 2-3 settimane dall’esame

Amniocentesi e rischi

L’amniocentesi può comportare alcuni rischi, tra cui:

  • perdita di liquido amniotico: occorrenza rara e la quantità di fluido perso è minima;
  • aborto spontaneo: il rischio è minimo (circa 0,6%) ma aumenta nelle prime 15 settimane;
  • lesioni da ago: il feto, muovendosi, potrebbe ferirsi con l’ago utilizzato durante il test;
  • contaminazione del sangue:alcune cellule del sangue del feto possono venire a contatto con cellule sanguigne materne; ciò comporta una contaminazione che può provocare la produzione di anticorpi Rh che attraverso la placenta danneggiano i globuli rossi del feto;
  • infezioni:raramente può innescarsi un’infezione uterina;
  • trasmissione di infezioni: se la madre soffre di epatite C o HIV/AIDS, l’infezione potrebbe traferirsi anche al feto durante il test;
  • anomalo sanguinamento vaginale;
  • febbre;
  • dolori addominali.

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Test diagnostici

Analizzare le cellule dal feto è l’unico modo per diagnosticare con sicurezza anomalie cromosomiche. Tra i test diagnostici (più invasivi): l’amniocentesi e il prelievo dei villi coriali (CVS). 

Amniocentesi

Questo esame analizza un campione di fluido amniotico che circonda il feto nell’utero. Viene eseguito dopo le prime 15 settimane della gravidanza. Utilizzando gli ultrasuoni, un ago sottile è inserito nell’addome materno fino al liquido amniotico che viene quindi rimosso e analizzato.

Questo test comporta un rischio dello 0,5-1% di provocare un aborto spontaneo.

La procedura dura 5-10 minuti e provoca solo un leggero fastidio per la madre. I risultati finali saranno disponibili entro due o tre settimane. 

Prelievo dei villi coriali (CVS)

Questo esame analizza un campione di placenta. Viene eseguito dopo 11 settimane dalla gravidanza. Utilizzando gli ultrasuoni, un ago è inserito attraverso l’addome della madre nella placenta; qui viene aspirato un piccolo campione di tessuto, inviato poi al laboratorio per le analisi.

Questo test comporta un rischio del 1-2% di provocare un aborto spontaneo.

La procedura dura 5-10 minuti ed è un po’ più fastidiosa per la madre rispetto all’amniocentesi.

I risultati finali saranno disponibili in due settimane.

Come si è visto, entrambi i test diagnostici comportano rischi, seppur minimi, di provocare aborti spontanei: è bene tenerne sempre conto prima di acconsentire all’inizio delle procedure.

Bisogna ricordare, inoltre, che non esiste un trattamento per le anomalie cromosomiche.

Se la diagnosi è fatta prima della nascita, al limite è possibile valutare un’interruzione della gravidanza.

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Qual è l’impatto sociale della sindrome di Down?

Gli individui con sindrome di Down soffrono di ritardi cognitivi di vari gradi, da molto lievi a gravi. Grazie ai progressi della moderna tecnologia medica, le persone con sindrome di Down vivono più a lungo rispetto al passato. Basti pensare che nel 1910 l’aspettativa di vita era di appena 9 anni, mentre oggi ben l’80% dei soggetti con sindrome di Down può vivere fino a 60 anni o anche più a lungo. Oggi chi soffre della sindrome di Down è sempre più integrato nella società e nella propria comunità di appartenenza (scuola, ambiente di lavoro, sistema sanitario, attività sociali e ricreative…). Tuttavia, una corretta e diffusa educazione pubblica su questa malattia deve essere una costante necessità civile e sociale. È imprescindibile permettere a chi è affetto da sindrome di Down di vivere un’esistenza normale, sentendosi accettato in ogni luogo e ambiente di vita.

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Villocentesi

La villocentesi o prelievo dei villi coriali (CVS), ad esempio, è un test diagnostico prenatale per l’identificazione di anomalie cromosomiche ed altre malattie genetiche ereditarie. Consiste nell’asportazione di una piccola quantità di tessuto coriale dalla placenta, tale da riprodurre un’immagine dei cromosomi del feto.

Il test è, come già detto, abbastanza invasivo e può comportare dei rischi sia per la madre sia per il feto. La villocentesi può essere effettuata presto, tra la 10° e la 13° settimana di gravidanza.

Il test è consigliato quando:

  • uno dei genitori ha una storia medica familiare che rivela potenziali rischi di malattie cromosomiche;
  • la mamma ha una età superiore a 35 anni;
  • si sono avuti risultati positivi dei test di screening;
  • si ha una Nuchal Translucency (NT) elevata;
  • si sono individuate malformazioni fetali rilevate all’ecografia;
  • si ha una pregressa aneuplodia fetale.

Che cosa può rilevare una villocentesi?

Questo tipo di esame è in grado di diagnosticare:

  • anomalie cromosomiche (sindrome di Down)
  • anomalie cromosomiche sessuali (sindrome di Turner)
  • disturbi genetici
  • fibrosi cistica
  • anemia
  • anemia falciforme

Il test ha sì un altissimo livello di accuratezza nel diagnosticare queste condizioni (98-99%), ma non è in grado di misurare la gravità di tali disturbi. La villocentesi, inoltre, può stabilire con una certezza del 99% la paternità del feto.

Villocentesi: ecco cosa aspettarsi

Lo scopo della procedura di questo esame è quello di ottenere un piccolo campione di tessuto dalla placenta, da inviare poi al laboratorio per le analisi. Esistono due procedure di prelievo per raccogliere i campioni da esaminare:

  • transvaginale:un sottile catetere a ultrasuoni passa attraverso il collo dell’utero fino alla placenta; le cellule dei villi coriali vengono quindi aspirate nel catetere.
  • transaddominale: un lungo e sottile ago ecografico viene inserito nella placenta attraverso l’addome, assorbe un campione di tessuto e viene poi rimosso.

Le procedure possono provocare un po’ di fastidio o dolore, ma sono comunque di breve durata. In entrambi i casi il sacco amniotico in cui il feto sta crescendo non viene toccato.

Dopo il test, il medico monitora la frequenza cardiaca del feto per appurare che sia tutto nella norma. È importante, inoltre, che la madre eviti rapporti sessuali e attività faticose per circa una settimana. La villocentesi raccoglie campioni più grandi e fornisce risultati più rapidi rispetto all’amniocentesi. I risultati vengono ricevuti al massimo entro sette giorni dal test.

Esiste l’1% di possibilità di avere risultati falsi positivi (il test indica che il feto ha un’anomalia, quando in realtà non è così).

Villocentesi e rischi

La villocentesi può comportare alcuni rischi, tra cui:

  • aborto spontaneo:il rischio è basso (circa l’1%), ma potrebbe aumentare se il feto è più piccolo del normale rispetto all’età gestazionale;
  • contaminazione del sangue:alcune cellule del sangue del feto possono venire a contatto con cellule sanguigne materne; ciò comporta una contaminazione che può provocare la produzione di anticorpi Rh che attraverso la placenta danneggiano i globuli rossi del feto;
  • infezioni:raramente può innescarsi un’infezione uterina;
  • anomalo sanguinamento vaginale;
  • crampi e dolori addominali;
  • perdita di liquido amniotico;
  • febbre.

Prima di sottoporsi all’esame, è importante discutere con il proprio medico a proposito dei rischi e dei benefici che il test comporta.

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Come vivere la gravidanza multipla in completa tranquillità

Una gravidanza multipla si verifica quando due o più ovuli sono fecondati e formano gemelli dizigoti (non identici) oppure quando un singolo uovo fecondato si divide per formare gemelli monozigoti (identici).

Caratteristiche

La normale incidenza di parti gemellari è di 1 su 90 gravidanze (circa 1/3 sono monozigoti) e di 1 su 8.100 gravidanze, per quanto riguarda nascite di tre gemelli.

Tuttavia, il ricorso alla fecondazione in vitro e le nuove tecniche di induzione dell’ovulazione hanno notevolmente aumentato l’incidenza delle gravidanze multiple. L’iperemesi è di solito il primo chiaro sintomo di una gravidanza multipla.

Quasi tutte le gravidanze gemellari vengono diagnosticate già nel primo trimestre con un’ecografia. Capita però, che un feto muoia durante la gestazione o venga riassorbito nel primo trimestre.

Gravidanza multipla? Ecco i fattori che la favoriscono

Alcuni fattori possono favorire una gravidanza multipla:

  • esperienza di precedenti gravidanze multiple
  • influenza genetica (soprattutto lato materno)
  • età della madre
  • etnia
  • ricorso alla fecondazione assistita

Diagnosi e assistenza prenatale

Nei casi di gravidanze multiple, è importante essere sempre informati sulle probabilità di incorrere in disturbi cromosomici del feto. Lo screening dovrebbe essere effettuato nel periodo che va dall’ 11esima alla 13esima settimana e deve verificare:

  • la corretta posizione dei feti
  • il corretto peso dei feti
  • la stima dell’età gestazionale
  • il rischio di difetti cromosomici o sindrome di Down (test del DNA fetale o Analisi Prenatale NIPT, Test combinato del primo trimestre, bi-test)
  • lo stato della crescita uterina
  • lo stato generale della gravidanza

Il parto gemellare

Al momento del ricovero per il parto è fondamentale per gli specialisti:

  • monitorare le frequenze cardiache fetali separatamente
  • controllare le posizioni dei feti

Senza particolari fattori di complicazione, la madre può andare in travaglio spontaneo.

Se il primo gemello si presenta in posizione podalica o trasversale, è preferibile ricorrere al taglio cesareo. Subito dopo la nascita del primo bambino, bisogna determinare la posizione del secondo feto attraverso un esame vaginale e decidere, quindi, se procedere con un parto naturale oppure virare su un parto indotto tramite taglio cesareo.

In genere, il secondo gemello dovrebbe nascere a distanza massima di 20-45 minuti dal primo.

È importante, al momento della nascita del secondo bambino, assicurarsi che la madre non soffra di emorragie post-parto. Anche per questo motivo, un parto multiplo dovrebbe essere seguito da due pediatri, due ostetriche e un anestesista.

La questione sull’assoluta necessità di parto cesareo per il secondo gemello è oggi ancora controversa.

Le complicazioni della gravidanza multipla

Anche se ormai sono considerate come fenomeni naturali, le gravidanze multiple sono comunque eventi ancora a rischio, per i seguenti motivi:

  • i feti tendono a essere più piccoli del normale, a causa del maggior bisogno di nutrienti
  • aumento del rischio di nascita prematura
  • tasso più elevato di anomalie congenite
  • tasso più elevato di paralisi cerebrale
  • tasso più elevato di mortalità perinatale
  • maggiore possibilità di complicazioni legate alla gravidanza materna
  • tasso più elevato di complicazioni durante il travaglio

Le complicazioni di una gravidanza multipla possono non esaurirsi con il parto: ritardi motori e nel linguaggio, disturbi cognitivi e difficoltà comportamentali, sembrano infatti essere molto più comuni tra bambini protagonisti di parti gemellari.

Fisiologia della gravidanza gemellare 

Nelle gravidanze multiple di gemelli dizigoti, ogni feto ha una propria placenta, amnios e corion.

Nelle gravidanze multiple di gemelli monozigoti, la situazione è più complessa in base ai tempi della divisione della cellula uovo:

  • l’embrione si divide in 3 giorni: due amnios e due corion
  • l’embrione si divide in 4-7 giorni: una sola placenta, un corion, due amnios
  • l’embrione si divide in 8-12 giorni: una sola placenta, un corion, un amnios
  • l’embrione si divide dopo 13 giorni: gemelli siamesi (molto raro)

La fisiologia della placenta ha un impatto significativo sull’esito della nascita dei feti.

Nei gemelli monocoriali, ad esempio, sono maggiori i rischi di morbilità neonatale, come:

  • prematurità
  • ritardo della crescita intrauterina
  • anomalie congenite
  • sindrome da trasfusione gemello-gemello
  • aumento della mortalità perinatale

La determinazione dello stato della placenta è valutabile attraverso un’ecografia tra primo e secondo trimestre. Una valutazione della placenta, dopo il parto, può essere utile nel processo di valutazione perinatale.

Che cosa significa una gravidanza gemellare per la madre?

Ecco cosa comporta (o dovrebbe comportare) una gravidanza multipla per una madre:

  • controlli medici più frequenti
  • maggiore importo di determinate sostanze nutritive(acido folico, calcio, ferro, proteine)
  • aumento notevole del peso
  • maggiori precauzioni e limitare alcune attività(lavoro, viaggi, sport) 

Per la madre esistono, purtroppo, anche delle complicazioni legate a una gravidanza multipla, come:

  • alta pressione sanguigna
  • anemia
  • ipertensione
  • nascita prematura dei feti
  • parto indotto tramite taglio cesareo
  • problemi di trasfusione del sangue tra i due gemelli

Per gestire due o più gemelli, inoltre, potrebbero essere necessari maggiore riposo e più sostegno rispetto a quanto immaginato, soprattutto se i bambini sono nati prematuramente.

È importante non aver timore a chiedere aiuto e affidarsi a persone vicine, magari anche più esperte.

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Malattie rare in gravidanza

Diverse sono le malattie rare che possono condizionare gravemente la vita di un bambino.

Subito dopo la nascita, un piccolo prelievo del sangue può permettere uno screening adeguato per valutare l’esistenza di patologie rare congenite, che possono toccare l’apparato respiratorio, il sistema linfatico, il metabolismo.

Gravidanza e disturbi: ecco i più gravi

Ecco quali sono le malattie più gravi che possono comparire nel periodo della gravidanza:

Favismo

  • Che cos’è: mancanza, parziale o totale, di un particolare enzima (G6PD).
  • Cosa provoca: distruzione dei globuli rossi (emolisi).
  • Cura: evitare alcuni alimenti (fave, piselli) e farmaci (aspirina); in caso di emolisi: trasfusione di sangue.

Fibrosi cistica

  • Che cos’è: malattia genetica, anomalia proteica nell’apparato respiratorio, riproduttivo e digestivo.
  • Cosa provoca: anemia, malnutrizione, problemi respiratori e disturbi epatici.
  • Cura: individuazione precoce della patologia.

Fenilchetonuria

  • Che cos’è: alta concentrazione di un particolare amminoacido (fenilalanina)nel sangue.
  • Cosa provoca: ritardi mentali e di crescita, epilessia, cardiopatia.
  • Cura: diagnosi precoce, terapia di riequilibrio della percentuale di fenilalanina nel sangue.

Ipotiroidismo congenito

  • Che cos’è: minore produzione degli ormoni della tiroide.
  • Cosa provoca: disturbi nella crescita e nella funzionalità di molti organi vitali, lesioni cerebrali.
  • Cura: diagnosi precoce, terapia ormonale.

Leucinosi

  • Che cos’è: difetto congenito del metabolismo degli aminoacidi.
  • Cosa provoca: danni gravi al sistema nervoso.
  • Cura: diagnosi precoce, disintossicazione con emodialisi.

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I principali disturbi genetici

Tra i principali disturbi di natura genetica, troviamo:

Sindrome di Down

È l’anomalia genetica più comune, in cui un soggetto ha tre cromosomi 21 invece che due. Provoca ritardi mentali e difetti fisici, la sua incidenza aumenta con l’invecchiare della madre.

Sindrome di Patau (trisomia del cromosoma 13) e Sindrome di Edward (trisomia del cromosoma 18)

Sono disturbi più gravi della sindrome di Down, ma meno comuni. I bambini con trisomia 13 o 18 hanno gravi ritardi mentali e molti difetti fisici. I più colpiti muoiono entro un anno dalla nascita.

Mancanza di cromosomi X e Y (i cromosomi sessuali)

Questi disturbi causano infertilità, difetti di crescita, problemi comportamentali e di apprendimento.

Sindrome di Turner

È un’anomalia cromosomica rara che colpisce donne mancanti di tutto o parte del cromosoma X.

Comporta sterilità e disturbi nei cambiamenti puberali.

Gravidanza molare

È una forma rara di gravidanza che comporta una composizione anomala dei cromosomi. La gravidanza ha uno sviluppo anormale per quanto riguarda la placenta e l’embrione

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