I controlli ecografici in gravidanza

I controlli ecografici che si effettuano durante i nove mesi di gravidanza servono per accertare che la gestazione stia proseguendo regolarmente e per intervenire tempestivamente in caso di problemi. Per questa ragione è fondamentale che vengano eseguiti sempre e nelle tempistiche prescritte dal ginecologo. Se la gravidanza si svolge regolarmente, è necessario sottoporsi ad una visita ostetrica al mese, con le relative analisi prescritte dal ginecologo, ed eseguire tre ecografie: del 1° trimestre, morfologica e di accrescimento. In più si aggiunge una quarta che è la Traslucenza nucale. In caso di problematiche o sospetti diagnostici, sarà il ginecologo a decidere di aumentare i controlli ecografici.

L’ecografia del 1 trimestre: si esegue nelle prime 12 settimane di gravidanza. Se viene effettuata con l’utilizzo di una sonda transvaginale attorno alla 6° settimana, è possibile vedere la camera gestazionale per controllare che l’embrione sia correttamente posizionato all’interno dell’utero. Si può valutare la morfologia e quindi eventuali patologie che riguardano l’impianto e l’effettiva presenza dell’embrione. È possibile sapere se la gravidanza é singola o gemellare. Durante questa ecografia si misura la lunghezza dell’embrione e con questo dato si identifica la data esatta del concepimento. Senza questa procedura, per stabilire l’età gestazionale si farebbe riferimento al giorno dell’ultima mestruazione, ma in questo modo nelle future mamme che hanno cicli irregolari con ovulazione ritardata l’embrione sarebbe più piccolo. La data del concepimento serve per controllare la crescita dell’embrione e poi del feto fino alla nascita.

L’ecografia morfologica: si esegue generalmente intorno alla 22° settimana di gravidanza ed è un’ecografia importantissima nel corso dello sviluppo del feto perché si verifica la crescita corretta degli organi e degli apparati. Inoltre permette di escludere alcune patologie come il labbro leporino. Si può controllare la quantità di liquido amniotico e molto spesso scoprire il sesso del bambino.

L’ecografia di accrescimento: viene eseguita nel terzo trimestre di gravidanza, verso la 32° settimana. Serve per dare una valutazione sulla corretta crescita del feto. Si vede la quantità di liquido amniotico. Dall’analisi del flusso sanguigno cerebrale e del cordone ombelicale si possono diagnosticare possibili future sofferenze fetali che potrebbero essere dannose per il termine della gravidanza.

La Translucenza nucale (NT – Nuchal Translucency) è un’ecografia a cui ci si può sottoporre entro la 13° settimana di gravidanza e permette di misurare la plica nucale. Con questo esame, insieme al bi-test e al rilievo delle ossa del naso, si esegue lo screening per diagnosticare alcune importanti anomalie cromosomiche, fra cui la sindrome di Down. Da pochi anni, i test per l’analisi del DNA fetale come NATIVA, sono stati inseriti nel percorso clinico della gravidanza. I NIPT permettono di rilevare in maniera accurata le eventuali aneuploidie dei cromosomi fetali e, considerati come test di screening avanzato, sono in grado di aumentare il potere predittivo degli screening prenatali convenzionali (ecografici e biochimici).

Nativa è in questo contesto il test di screening prenatale certificato CE-IVD in grado di rilevare dalla 10° settimana le aneuploidie dei cromosomi 13, 18, 21 e dei cromosomi sessuali (X e Y)”.

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Eco in 3D e 4D: un’emozione infinita

Grazie alle evoluzioni tecnologiche, sono disponibili apparecchi ecografici che, attraverso una sonda tridimensionale, sono in grado di mostrare in ambito ostetrico l’immagine in tre dimensioni del bambino nel grembo materno. Questa tipologia di ecografia viene definita 4D quando all’eco 3D viene aggiunto anche il movimento del feto in tempo reale.

Tale ecografia viene richiesto molto spesso dalle future mamme più che per una valenza medica per un valore emotivo e psicologico. Soprattutto verso la fine della gravidanza, quando i tratti somatici sono meglio definiti, è un’emozione infinita per i futuri genitori vedere il viso del proprio bambino, poter iniziare a dargli un’identità più reale attraverso i suoi lineamenti. Vedere il bambino in 3D mentre si muove nel grembo materno, gira la testa, si mette il dito in bocca dà la consapevolezza del miracolo della vita che si sta formando come in nessun altro momento durante la gravidanza. È un’emozione che genera una maggiore consapevolezza di diventare genitori.  

Le immagini che scansionate sono molto reali e, come dimostrato da diversi studi, rafforzano il legame fra madre e figlio e inoltre creano un rapporto più concreto e consapevole con il papà.

Passando alla valutazione dell’ecografia in 3D dal punto di vista medico, con questo strumento si possono osservare più dettagliatamente alcune patologie che sono state rilevate dall’ecografia classica 2D. Per quanto riguarda il bambino è possibile verificare, ad esempio, le anomalie degli arti e della colonna vertebrale. Inoltre questo strumento consente di dare importanti valutazioni ginecologiche in maniera non invasiva, come le malformazioni della cavità dell’utero, la sindrome dell’ovaio, la valutazione della riserva ovarica  nell’ovaio policistico.

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Dopo il primo figlio, quando le altre gravidanze?

Molte donne a pochi mesi dal parto del primo figlio iniziano a chiedersi quando sia giusto pensare ad una seconda gravidanza. È sufficiente far passare dei mesi o è meglio aspettare qualche anno? Spesso gli elementi che spingono i neogenitori a programmare presto le seguenti gravidanze sono l’età della madre, che in molti casi supera i 35 anni, e il voler far crescere i bambini insieme, quindi con età vicine.

I risultati di uno studio condotto dalla University of British Columbia hanno dimostrato che un breve intervallo fra gravidanze può esporre mamme e bambini a maggiori rischi di andare incontro a situazioni problematiche. La dottoressa Laura Schummers, principale autrice dello studio, ha affermato che per una donna avere una nuova gravidanza entro 12 mesi dal parto precedente comporta dei rischi e questo indipendentemente dall’età della gestante.

La dottoressa Schummers e i suoi colleghi, per analizzare più approfonditamente l’impatto degli intervalli tra le gravidanze, hanno fatto riferimento al British Columbia Perinatal Data Registry, un database che contiene un riassunto di tutte le informazioni raccoglibili dalle cartelle cliniche di madri e bambini. I dati analizzati facevano riferimento a 148.544 gravidanze avvenute in un periodo di 10 anni.

L’elaborazione dei dati ha mostrato come ad un intervallo tra le gravidanze superiore ai 18 mesi corrisponda un minor numero di problematiche come necessità di trasfusioni di sangue, ricorso alla respirazione assistita, insufficienza d’organo e permanenza in terapia intensiva sia per la madre che per il bambino. Invece nelle gravidanze con un intervallo di una lunghezza compresa fra i 6 e i 18 mesi ci siano maggiori problemi sia per la madre che per il nascituro.

La dottoressa Leena Nathan, della University of California di Los Angeles e direttrice medica di UCLA Community OBGYN Practices,

ha osservato che molte delle sue pazienti diventano madri per la prima volta dopo i 35 anni di età e per questa ragione fra una gravidanza e l’altra fanno passare pochi mesi: la preoccupazione di non essere più fertili e di avere problemi nel concepire un altro bambino fa accelerare i tempi. I ginecologi durante la visita post-parto affrontano questo argomento per fornire ai neogenitori tutte le informazioni necessarie per affrontare al meglio un’altra gravidanza. Ancora più nel dettaglio viene affrontato l’argomento con le mamme che hanno superato i 40 anni, a loro vengono forniti consigli e scrupolose informazioni sui tassi di fertilità e sulla crescita delle percentuali di possibilità di mutazioni genetiche rapportate all’età materna.

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Troppo zucchero in gravidanza, possibile allergia e asma allergico nel bambino

I risultati di uno studio pubblicato sull’European Respiratory Journal evidenziano che se la futura mamma abbonda con gli zuccheri durante i nove mesi di gravidanza, il rischio che il figlio soffra di allergia e di asma allergico aumenta.

La dottoressa Annabelle Bédard, della Queen Mary University di Londra, è la principale autrice dello studio e ha spiegato che in passato ci sono state delle ricerche che hanno analizzato nei bambini l’associazione tra un alto consumo di bevande contenenti zucchero e l’asma. Per questa ragione Bédard e il suo team hanno deciso di analizzare l’associazione tra zuccheri consumati in gravidanza dalla madre e le allergie nei loro bambini. Per la ricerca, gli studiosi hanno fatto riferimento ai dati dell’Avon Longitudinal Study of Parents and Children (ALSPAC), uno studio che ha reclutato donne incinte negli anni ’90 e ne continua a seguire costantemente i figli. Dai risultati si evincono importanti associazioni positive fra l’assunzione di zuccheri in gravidanza, allergia e asma allergico, mentre invece la relazione con l’asma in generale è molto debole.

Prendendo dal campione di donne in attesa il 20% che ha consumato più zucchero e confrontandolo con il 20% che ne ha assunto la quantità più bassa, emerge un aumento del rischio di allergia nei loro figli che raggiunge il 38% e un aumento del rischio di asma allergico che arriva addirittura al 100%. Non è risultata nessuna correlazione fra assunzione di zuccheri, febbre da fieno ed eczema.

A seguito dei risultati ottenuti, i ricercatori hanno dato una possibile spiegazione basata sul fatto che l’assunzione di troppo zucchero da parte delle future mamme provocherebbe nel bambino dopo la nascita una continua risposta immunitaria allergica con conseguente infiammazione nei polmoni in via di sviluppo. I ricercatori hanno precisato che questo studio è la base di partenza per affermare che il consumo eccessivo di zucchero da parte delle donne in gravidanza sia la causa di allergia e asma allergica nei loro figli e che è necessario proseguire con le indagini in tal senso. Comunque è sempre utile raccomandare alle donne in gravidanza di seguire gli attuali orientamenti e di evitare un eccessivo consumo di zucchero, soprattutto in gravidanza.

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L’agopuntura contro la depressione in gravidanza

Capita spesso che le donne soffrano di depressione in gravidanza, un valido aiuto per risolvere questo problema è un particolare tipo di agopuntura. Un gruppo di studiosi americani ha documentato attraverso una ricerca che ricorrere a speciali tecniche di agopuntura per alcuni mesi durante la gravidanza può portare molti benefici alle donne in dolce attesa che soffrono di depressione, di gravi sbalzi dell’umore per tutto o per parte del periodo della gestazione.

La ricerca è stata svolta su un campione di 150 donne in gravidanza affette da depressione, di queste 52 sono state sottoposte a delle sedute di agopuntura specifica per la depressione in gravidanza, 49 a delle sedute di agopuntura tradizionale e le altre 49 a dei massaggi. Dopo otto settimane gli studiosi hanno osservato che il 63% delle donne che sono state sottoposte ai trattamenti di agopuntura mirati alla cura della depressione in gravidanza, hanno risposto positivamente ai trattamenti mentre di quelle che sono state sottoposte all’agopuntura tradizionale solo il 37,5% ha dato un feedback positivo.

Con la tecnica dell’agopuntura specifica si sono documentate maggiori riduzioni dei sintomi della malattia depressiva. La dottoressa Rachel Manber, coordinatrice dello studio, ha spiegato che è importante tenere presente che questa pratica, se eseguita correttamente da un professionista, ha effetti collaterali molto blandi e transitori e soprattutto può rappresentare un valido aiuto, senza dover di ricorrere a farmaci, contro la depressione in gravidanza che sempre di più colpisce le donne in questi anni.

L’agopuntura discende dall’antica medicina tradizionale cinese, fa parte delle discipline olistiche e oggi è molto diffusa. L’agopuntura mira a ristabilire uno stato di equilibrio e benessere sia fisico che mentale.

È fondamentale rivolgersi solo a professionisti qualificati. Durante la seduta, l’agopuntore inserisce alcuni aghi molto sottili nei punti del corpo che, nella medicina cinese, corrispondono all’asse dei meridiani, cioè in quei canali in cui, per la medicina cinese, scorre l’energia vitale. L’applicazione degli aghi è completamente indolore e con gli aghi monouso e osservando scrupolosamente le norme igieniche non vi è rischio di infezioni.

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L’allattamento al seno per più di 6 mesi fa bene al fegato e alla perdita di peso della mamma.

Allattare al seno porta molti benefici sia alla madre che al bambino. Recentemente due studi americani hanno evidenziato come l’allattamento al seno per più di sei mesi faccia bene al fegato e aiuti la perdita di peso della madre.

All’Università di San Diego, in California, il dottor Veeral Ajmera, con un gruppo di ricercatori, ha guidato uno studio che ha approfondito il rapporto esistente fra l’allattamento al seno e la steatosi epatica non alcolica. Questo tipo di steatosi è generalmente collegata alle scorrette abitudini alimentari e alla conseguente obesità. I risultati dello studio, pubblicati su Journal of Hepatology, hanno portato ad affermare che le mamme che allattano al seno per almeno sei mesi possono avere meno grassi nel fegato e anche meno rischi di malattie epatiche.

Lo studio è durato 25 anni ed è stato condotto su 844 mamme arruolate al momento del parto. Del campione il 32% ha allattato al seno fino ad un mese, il 25% lo ha fatto da uno a sei mesi e il 43% ha proseguito l’allattamento oltre i sei mesi. Al termine dello studio, la media dell’età delle donne era di 49 anni. Circa il 6%, corrispondente a 54 madri, aveva  sviluppato la steatosi epatica non alcolica. Le donne che avevano allattato per almeno sei mesi avevano il 52% di probabilità in meno di essere soggette a malattie epatiche rispetto alle madri che avevano smesso l’allattamento al primo.Veeral Ajmera ha affermanto che questa analisi si unisce alle altre che dimostrano quanto l’allattamento al seno sia in grado di offrire benefici importanti per la salute della madre. Lo studio non spiega le motivazioni, il perché questo avvenga, ma gli autori hanno evidenziato che le donne che allattano al seno per molti mesi solitamente conducono uno stile di vita sano e ciò potrebbe essere una spiegazione.

Anche un altro recente studio americano, svolto presso l’Università di Pittsburg, ha dimostrato nuovi benefici dell’allattamento al seno. Allattare può contribuire a far perdere peso alle madri e se l’allattamento è durato per più di sei mesi, potrebbe avere effetti sulla perdita del peso anche fino a 10 anni dal parto.

I risultati dello studio condotto dalla dottoressa Janet Catov, docente di ginecologia e ostetricia, sono stati pubblicati su The Journal of Women’s Health. 678 neomamme sono state seguite dalla gestazione fino al compimento dell’undicesimo anno di età dei loro figli. A tutte loro è stato controllato il peso durante la gravidanza e l’allattamento. È emerso che le donne che hanno allattato al seno per più di sei mesi hanno un girovita mediamente più piccolo di circa 4 centimetri, una taglia in meno rispetto alle mamme che hanno allattato i loro figli per meno tempo. Questo a parità di altri fattori come il peso in gravidanza.

La dottoressa Catov ha dichiarato che dallo studio sono emersi benefici a breve e a lungo termine per le mamme sia per la salute che per la soddisfazione del proprio corpo e sono stati rimarcati i già noti vantaggi che riceve il piccolo con l’allattamento.

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Massaggio: portatore di benefici in gravidanza

Il massaggio è stato uno dei primi sistemi di cura utilizzati dall’uomo. Anche oggi quando ci si fa male istintivamente si tende a massaggiare la parte lesa. Il corpo durante il massaggio si scalda, si rilassa e si decontrae in maniera del tutto naturale portando benefici fisici e psicologici. Nel corso del tempo le tecniche di massaggio si sono evolute, perfezionandosi e diversificandosi in base alle varie esigenze e ai risultati che si desidera ottenere. La tipologia di massaggio è influenzata anche dalla cultura dell’area geografica in cui viene praticato, ma per quanto diversi possano essere i diversi tipi sono accomunati dai numerosi benefici che offrono a chi li riceve.

Il massaggio è considerato da sempre un prezioso alleato di bellezza perché migliora la circolazione e purifica la pelle rendendola più luminosa eliminando le cellule morte. In molti decidono di regalarsi un massaggio a scadenze regolari perché in questo modo riescono a rilassarsi completamente e a distendere i nervi in modo da eliminare tutte le tensioni che la frenesia quotidiana porta ad accumulare. Infatti il massaggio, agendo sulle parti contratte, riduce le tensioni muscolari donando immediati effetti benefici come l’eliminazione dello stress fisico e mentale.Sottoporsi a dei massaggi durante il periodo di gravidanza, non solo aiuta la futura mamma a rilassarsi, ma è una vera e propria terapia capace di migliorare anche il tono dell’umore e di dare benefici che si protrarranno nel tempo anche dopo il parto.

Uno studio americano, pubblicato su Infant Behavior & Development e condotto su un campione di 200 donne in attesa affette da depressione, ha portato proprio a questi risultati.

Le gestanti avevano un’età compresa fra i 18 e i 30 anni, con una media di 26 anni di età, ed erano tra la 16° e la 20° settimana di gestazione. Le donne sono state divise in due gruppi: il primo è stato sottoposto a due sedute di massaggi alla settimana per 12 settimane e il secondo al trattamento normale. Mesi dopo il parto, alle 200 donne è stato dato un questionario da compilare; le risposte hanno evidenziato che i massaggi sono serviti durante la gravidanza a diminuire notevolmente il livello di ansia e nel periodo dopo il parto a ridurre la depressione e il livello di cortisolo.

Il gruppo di donne che è stato sottoposto a massaggio ha avuto minori probabilità sia di parto prima del termine della gestazione sia di avere dei neonati a basso peso. Altro dato interessante è che i benefici sono passati anche ai nascituri: anche loro hanno avuto valori più bassi di cortisolo e risultati migliori in alcuni test di valutazione dello sviluppo neuropsicomotorio.

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Abbronzarsi in Gravidanza

Ormai siamo in piena estate, le giornate sono lunghe e calde e tutti abbiamo bisogno di un po’ di sole.  Sia, perché stimola la produzione di vitamina D che favorendo l’assorbimento di calcio, va a rafforzare le ossa, sia per il desiderio di ottenere una bella abbronzatura.

Tuttavia è importante sapere che esporsi in modo eccessivo al sole può risultare pericoloso anche e soprattutto durante la gravidanza. In gravidanza la pelle diventa più sensibile a causa dello stato ormonale tipico della dolce attesa.

L’esposizione eccessiva al sole ci mette a rischio di disidratazione, può provocare colpi di sole e surriscaldamento corporeo oltre a macchie sulla pelle. Il sole inoltre favorisce l’invecchiamento precoce della pelle e la comparsa di melanomi.

Ecco perché è necessario adottare alcuni accorgimenti soprattutto in gravidanza.

Prima di tutto bisogna applicare creme solari ad alta protezione  prima di ogni esposizione (gran parte delle creme solari sono adatte alla gravidanza) quindi coprirsi con abiti leggeri, per evitare il surriscaldamento corporeo.

Quando si sta al sole, sempre senza esagerare, è d’obbligo un cappello a tesa larga per proteggere il viso e le spalle dai raggi solari.

Durante la gravidanza è sempre meglio evitare di stare  troppo tempo seduti o sdraiati al sole, ed evitare le ore più calde.

Cercate di essere sempre ben idratate. Se siete in un luogo caldo, sforzatevi di bere molto e soprattutto acqua.

Non va trascurato che Il surriscaldamento corporeo è dannoso e pericoloso durante la gravidanza perché potrebbe comportare danni rilevanti al feto.

Infine è sempre meglio parlare con il proprio medico in merito  alle modalità e tempi di esposizione al sole.

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